domenica 17 giugno 2007

IL DOVERE DI DIRE NO

Ci sono voluti cinque anni per potere aspirare ad un governo più giusto,sostanzialmente più equo verso ogni categoria sociale, ma soprattutto nuovamente attento ai diritti delle persone in primo luogo e dei professionisti poi.
Ma ancora una volta, lasciate a casa amare considerazioni sull’andamento della politica italiana si incappa nell’ennesima scivolata dell’emiciclo di piazza Montecitorio sulla libertà d’informazione.
E stavolta nessuno,tramite sterili comunicati dell’ordine giornalisti ha saputo opporsi ad un impresa che non riuscì neanche all’amato cavaliere: imbavagliare i giornalisti.
Con ben 447 si e 7 astenuti infatti è passato alla camera il decreto Mastella,tipico esempio di decreto matrioska,con il quale l’unitissimo(guarda caso) Parlamento uccide la cronaca giudiziaria.
Nata come legge che tutela in misura maggiore la privacy-che in italia esiste da 15 anni- e patrocinata da tutti i partiti indistintamente rappresenta un caso unico nel panorama giornalistico mondiale,se facciamo eccezione di paesi come la Namibia e la Corea del sud,nostri diretti inseguitori nella classifica dei paesi con più libertà di stampa.
E non una puntata di Porta a Porta,un articolo sul foglio o sul giornale hanno sugellato questo trionfo della libertà in Italia,perché come si sa:l’importante è aiutarsi a vicenda.
Quanto tempo è passato da quando tutti i parlamentari votassero uniti su un ddl, che , se fosse stato applicato in passato, ci avrebbe nascosto gli scandali peggiori dell’italia repubblicana: da bancopoli a valletto poli,passando per le truffe di Moggi alle scalate di Fiorani e ai crack Parmalat,dallo spionaggio Telecom allo scandalo del Sismi.
Tutto sarebbe stato sconosciuto a noi,poveri lettori.Perchè non dire è cento volte meglio che dire e magari scoprire.
Da ora in poi, se la legge passerà anche al senato niente più scandali,se non alla fine dei procedimenti,cioè mediamenti dieci anni dopo.
Ma c’è di più.
Secondo la vigente regolamentazione, gli atti delle indagini sono coperti dal segreto investigativo fino a che l’imputato ne abbia la possibilità di conoscerne la natura.
Prima di quel momento chi viola il segreto istruttorio integralmente incorre in un divieto di pubblicazione,che, se violato, comporta per il trasgressore una multa da 51 a 258 euro,cifra che qualsiasi giornalista sarebbe disposto a sborsare pur di avere uno scoop o di fare SEMPLICEMENTE il suo lavoro di cronista.
Bene, secondo il nuovo ddl Mastella,il giornalista trasgressore aggrava di gran lunga le sanzioni pecuniarie e penali a suo carico portando la sanzione a 30 giorni di arresto o,in alternativa, ammenda che va da 10 mila a 100 mila euro.
Senza contare che ,di fatto, gli atti pubblicabili diventano un numero assolutamente esiguo.
Guardando un po’ più a fondo l’intero disegno di legge si scorgono simpatiche e quanto mai argute considerazioni:
-“è vietato la pubblicazione ,anche parziale o per riassunto, degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pm o delle investigazioni difensive,anche se non più coperti da segreto,fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare”
In pratica non si potrà più sapere se una persona è oggetto di procedimento penale per un qualche reato fino al termine dell’udienza preliminare.
Peccato che nell’udienza preliminare sono previsti il patteggiamento e il rito abbreviato che ,in pratica, permettono all’imputato di confessare e quindi di rendere pubblicabile prima la pena che la colpa per cui ha confessato.
-“è vietata la pubblicazione anche solo nel contenuto della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche,o a flussi di comunicazione informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico e telematico,anche se non più coperti da segreto”
Telefonate compromettenti, certezza di collegamenti mafiosi(dell’Utri Cinà,Mangano,Ciancimino), notizie di tangenti confessate per telefono e bonifici bancari non saranno più oggetto di pubblicazione.
Perché, si sa, l’imputato deve poter vivere in pace, sciocchezze se esso sia un pedofilo, un corruttore o peggio ancora un amico dei mafiosi. Tutto va taciuto finche una legge o un giudice non mischi le carte in modo da confondere il reato.
Detto in parole povere: il giornalista stia al suo posto e continui a parlare di panettoni e feste mondane.
-è vietata la pubblicazione di provvedimenti emessi in materia di misure cautelari nel contenuto dopo che la persona sottoposta ad indagini ovvero il suo difensore ne abbiano avuto conoscenza
Da oggi in poi, se vorremmo sapere se qualcuno ha commesso un reato dovremmo aspettare che avvocato e accusato abbiamo ricevuto notizia, ovviamente se gli è comodo.
-le intercettazioni e i dossier illecitamente formati non possono né essere acquisiti né in alcun modo utilizzati tranne che come corpo del reato.
Se Consorte e Gnutti parlano di una banca come la loro impresa di famiglia,questo il correntista non dovrà saperlo,perché altrimenti si rischia di farlo fuggire,e una banca di certo, non può permetterselo, se vuole continuare a guadagnare.
Tutto assolutamente lineare per i solerti legislatori, comprese le gentili clausole sul blocco delle pubblicazioni di fascicoli appartenenti ai pm se non alla fine della sentenza d’appello e sul blocco delle spese sulle intercettazioni per le procure,come se nessuno sapesse che le spese delle intercettazioni le pagano i condannati.
Qui si tratta in pratica di un bavaglio,neanche tanto piccolo sulla bocca di tanti giornalisti che non potranno, per questa legge, esercitare liberamente la propria professione a meno che non vogliano pagare salatamente il diritto dovere di cronaca.
Ennesima quindi la pesante infiltrazione della politica nella giustizia che in barba alle norme è sempre più sottesa a certi giorchi di potere.
Della serie: i potenti ordinano,il parlamento esegue e noi ne paghiamo le spese.Complimenti vivissimi alla camera
tutta.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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